Cosa ci insegna “The Good Place”

L'aldilà pieno di ingegneri e contabili di Micheal Schur

Ho recentemente finito il binge watch della serie “The Good Place” (NBC), in onda per la prima volta nel 2016 e terminata nel 2020. Me la ero completamente persa e l’ho recuperata con Elena nel mese di Agosto e Settembre.
Come è intuibile il “The Good Place” (la parte buona) è di fatto… Il Paradiso.

La trama in breve e senza spoiler: i protagonisti sono morti, defunti in circostanze incidentali e improvvisamente si trovano in paradiso… Circa. Qualche domanda comincia a insinuarsi nella mente dei protagonisti. Quindi dopo la morte c’è davvero questo? In che modo un’anima è redenta o condannata e perché io sono finito da questa parte? Perché l’aldilà è in mano ad architetti, ingegneri, amministrativi e avvocati (già, perché?)?

Al di là delle considerazioni religiose, questo arguto telefilm scava a fondo, con genio e ironia, negli aspetti e nelle peculiarità che definiscono una vita vissuta con intensità.

Il tema non è banale. Sulla Terra il nostro tempo è limitato e a meno di non vivere in un guscio impenetrabile e isolato dal tempo e dallo spazio, le nostre interazioni con le persone che ci circondano determinano la qualità della nostra vita e delle nostre azioni. L’obiettivo di terminare la propria esistenza terrena con soddisfazione credo sia comune a tutti perché nessuno sano di mente penso voglia sprecare il proprio tempo.

Attraverso i protagonisti della serie, storie, comportamenti e secoli di filosofia morale vengono passati al setaccio e penso che nella mente del produttore Michael Schur (già produttore e regista per alcune puntate di The Office, Parks and Recreations e produttore di Brooklyn Nine-Nine) ci sia l’immagine che una vita spesa per gli altri sia senz’altro la vita meglio spesa. Anche se le complicazioni del mondo rendono sottile la differenza tra bene e male e questo può essere causa di disguidi, cattive interpretazioni e decisioni sbagliate.

In un mondo dove l’individualismo e l’egoismo sembrano regnare, la visione di Michael Schur ci offre una prospettiva rinfrescante e una chiamata all’empatia, alla riflessione e, in ultima analisi, all’amore. Questo telefilm non solo intrattiene, ma offre anche una bussola morale in tempi di confusione e incertezza.

E non c’è niente di più prezioso che una bussola quando ci si sente persi.