Fondazione: Asimov ci affascina ma non ci fidiamo mai di lui fino in fondo

Ogni volta che Asimov arriva sul grande o sul piccolo schermo, le sue trame vengono stravolte. Ma a sto giro Apple ha fatto un lavoro egregio.

Sono reduce da poche ore della visione dell’ultima puntata della stagione 2 dello sceneggiato “Fondazione”, esclusiva AppleTV. Ho ceduto alla tentazione dei 3 mesi di prova in omaggio con il mio nuovo MacBook e nelle ultime settimane ho guardato entrambe le stagioni.

Fondazione. Per chi non lo sapesse, lo sceneggiato è tratto da uno dei più fondamentali cicli di libri del genere fantascientifico della storia, scritto a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’80 quando il suo autore, Isaac Asimov, lasciò troppo prematuramente questa vita. Fu il primo, grandissimo successo di Asimov, il perno di tutta la sua mastodontica opera letteraria che poi fu impreziosita dai prequel dell’ascesa dei robot, delle loro leggi e della storia dell’ascesa dell’umanità alla galassia. Fondazione racconta del tentativo di preservare il sapere umano di fronte al declino di un vasto impero galattico. Al centro della storia c’è Hari Seldon, matematico geniale che ha sviluppato la psicostoria, una disciplina capace di predire il futuro delle masse. Prevedendo l’imminente caduta dell’Impero e un lungo periodo di barbarie, Seldon elabora un piano per abbreviare questa era oscura da migliaia a solo un migliaio di anni, fondando due Fondazioni agli estremi della galassia. La prima, su Terminus, ha il compito di compilare un’Enciclopedia Galattica per preservare il sapere umano. La Fondazione affronta varie crisi predette da Seldon, che la mettono alla prova in un universo frammentato e ostile. Diplomazia e ingegno sono le sue armi principali. La seconda Fondazione invece… (mi fermo per evitare spoiler inutili).

E’ una storia affascinante, una lettura che ho affrontato per la prima volta da ragazzo, credo nei primi anni 2000. E nonostante fosse un’opera di fantasia, è sempre stata parallelamente un’opera morale e io credo che la sua impronta umanista e razionale ebbe una fortissima influenza nel plasmare certe mie idee e convinzione nell’età della giovinezza e quindi in quella adulta.

Non dovrebbe stupire che Fondazione, insieme al ciclo di Dune (1965) sicuramente più famoso anche grazie al film nelle sale in questi giorni, influenzarono moltissimo molte altre opere quali Star Wars, The Expanse e praticamente metà della fantascienza “visiva” degli ultimi 50 anni.

Veniamo ora allo sceneggiato AppleTV. Colossale, magnificamente prodotto e ben rappresentato. La produzione, guidata da David S. Goyer ha tirato fuori un racconto bellissimo, che ci trasporta a migliaia di anni nel futuro dentro una umanità che nonostante il progresso parla ancora molto di noi. Lo scheletro della storia narrata nei libri resta: la psicostoria, Hari Seldon, le Crisi, la Volta, Trantor, la galassia e l’Impero che decade ma come spesso accade con le opere di Asimov portate sul grande e piccolo schermo, non ci si fida fino in fondo di quello che l’autore voleva dirci ed ecco che lo scheletro viene man mano contorniato di decine, centinaia di elementi che alla fine lasciano una parvenza della storia originale ma con dei protagonisti che risultano praticamente irriconoscibili rispetto alle loro controparti letterarie.

Io lo capisco, entro certi limiti: Asimov scrisse questa storia più di 70 anni fa e la società del 2024 è molto diversa da quella del 1952. Asimov stesso era una persona molto controversa, sicuramente un maschilista e i personaggi femminili delle sue storie risultavano talvolta molto stereotipati. Alcune varianti erano davvero necessarie e non snaturano affatto la trama. Ma alcune scelte mi sono risultate davvero incomprensibili nonostante avessero una loro logica all’interno dello script immaginato dagli autori dello sceneggiato.

(Io non vi perdonerò mai cosa diamine è successo nella puntata 9 della seconda stagione, maledetti!).

Ad ogni modo, sembra una tradizione e in parte una maledizione: ogni volta che Asimov viene portato sul grande o sul piccolo schermo, queste “licenze poetiche” di Hollywood ne snaturano di molto il messaggio e la potenza (con una piccola, grande eccezione rappresentata dal bellissimo “L’uomo bicentenario” con il compianto Robin Williams, racconto per altro inserito nello stesso grande universo di tutti i libri di Asimov).

E’ un peccato.

Ad ogni modo lo sceneggiato merita davvero di essere visto; è una delle cose più interessanti prodotte negli ultimi 10 anni insieme a The Expanse e i Dune di Villeneuve. Lee Pace (l’Imperatore Giorno della dinastia Cleonica) e Jared Harris (Hari Seldon) sono due attori incredibili e meriterebbero davvero molti altri ruoli e un plauso per le loro rispettive interpretazioni. Le scelte di ambientazione (inconfondibili i set girati sulla mia amata Lanzarote) sono azzeccatissime. Sono onesto: anche la storia con le sue “licenze” è molto particolare. Asimoviana nel senso più largo del termine (ovvero basata su intrighi, complotti, piani calcolati al minimo dettaglio) ma adattata al pubblico con un lavoro che ha previsto anche la dose giusta di adrenalina e azione.

Non ci resta che attendere la stagione 3, che promette di essere interessantissima data l’introduzione di uno dei personaggi più iconici di Asimov, ovvero The Mule. Staremo a vedere. Appuntamento nel 2025.