C’era una volta un gruppo di corvi che abitava ai margini di un grande prato, dove la gente lavorava per costruire qualcosa di bello per tutti. I corvi, però, non avevano né voglia né idee per contribuire. Non sapevano coltivare, non sapevano costruire, ma una cosa la sapevano fare bene: gracchiare.
E così, ogni giorno, si mettevano sui rami più alti e gracchiavano. Gracchiavano su ogni seme piantato, su ogni fila di mattoni posata, persino sul tempo che, secondo loro, non era mai quello giusto. Non portavano mai nulla, nemmeno un ramo per il nido, ma non si stancavano mai di fare rumore.
Eppure, non erano nemmeno loro i più rumorosi. Da dietro i cespugli, c’era un vecchio corvo che muoveva i fili. Lui era astuto: mandava avanti i corvi più giovani, li incoraggiava a gracchiare più forte, mentre lui restava nascosto, evitando di sporcarsi le piume. ‘Andate avanti voi,’ diceva, ‘così nessuno vedrà che le mie ali non sanno più volare.’
Ma col tempo, il prato cominciò a ignorarli. I contadini non alzavano più lo sguardo, i muratori continuavano a lavorare, e persino gli altri uccelli iniziarono a evitare quei rami rumorosi. La verità era chiara: il gracchiare non fermava il vento, non fermava il lavoro e non fermava il cielo che continuava a splendere sopra il prato.
Alla fine, il vecchio corvo e i suoi corvi più giovani rimasero soli, nascosti nel loro angolo. Non avevano costruito niente, non avevano seminato nulla, e quando il vento li portò via, nessuno se ne accorse. Perché, nel grande prato, conta solo chi lavora, chi semina, chi si sporca le mani. E il resto? È solo un’eco destinata a svanire.
Un commento
Mai più favola è stata più azzeccata per loro