Dopo la prima giornata di Energia Popolare a Cesena: qualche spunto per dialogare

A Cesena si riunisce Energia Popolare. L’errore più grande che possiamo fare però è rimpiangere i nostro errori o provvedimenti non più adeguati al presente.

Ho letto e ascoltato diversi approfondimenti oggi in merito al primo giorno di incontri di “Energia Popolare”, la sacrosanta e legittima corrente di Stefano Bonaccini, ufficializzata alla presenza di vescovi e cardinali del Partito Democratico. Questo post può sembrare fuori luogo e temo sarà un po’ irriverente, ma al momento non ho un palco dal quale esprimermi e accapigliarmi via whatsapp non mi sembra sia il caso.

Come ha detto qualcuno, ci saranno tempi e modi per parlarne. Io inizio qui, da queste pagine virtuali.

Premetto che ho cercato di leggere diverse fonti di quanto detto in questa prima giornata ma ovviamente le ricostruzioni giornalistiche possono fuorviare. Credo che i messaggi di base siano comunque corretti.

Il congresso nazionale e la nuova direzione del PD

I contenuti della mozione Bonaccini li conosciamo, li conoscono i tesserati e li conoscono gli elettori. Lo scorso Febbraio, questi e una buona parte dei tesserati (non la maggioranza) ha deciso di sposare alcune tematiche e metterle al centro dell’azione del partito. Non quelle rappresentate da Bonaccini ma quelle portate avanti da Elly Schlein che è diventata la segretaria del Partito Democratico. Ora, innegabilmente questo ha rappresentato uno shock per molti ed è legittimo tutto ciò che ne è conseguito, dagli addii rumorosi alle reazioni Morettiane dal “mi si nota di più se sto o se parto”. Io stesso nel 2015 non ho più sentito il PD come la mia casa e me ne sono andato. Ci torneremo su questo ma sì, un partito è anche questo: un posto dove convivono idee diverse, alle volte in contrapposizione.

Per questo la questione “correnti” a me non disturba molto. Ci sono sempre state, esistono in ogni partito del mondo democratico e sempre ci saranno.

Certo è che quando il vento cambia direzione improvvisamente, bisogna cercare di manovrare la nave. Questo è quello che dobbiamo cercare di fare e quindi nei prossimi paragrafi cercherò di prendere alcuni punti discussi a Cesena e cercherò di dare qualche spunto per meglio indirizzare la nave verso un approdo sicuro. Senza la pretesa di avere la ricetta definitiva ma invitando tutti alla prudenza.


Il Jobs Act e i dogmi di fede da superare

Dal Corriere della Sera del 22 Luglio 2023.

[…] “Non sono mai stato renziano, ma Renzi che è stato il nostro segretario non può essere additato di tutti i mali del
mondo. Io ora faccio l’imprenditore e se non ci fosse il Jobs Act farei fatica”.

[…]

Simone Uggetti (ex-sindaco di Lodi, Cesena 21-7-2023)

Simone Uggetti è un uomo del quale ho molta stima. E’ uscito vincitore da una vicenda giudiziaria che lo ha molto provato negli ultimi sette anni e nel suo intervento ha parlato anche di giustizia e di magistrati. Di questo non voglio parlare oggi; mi concentro su questo virgolettato e sulla questione del Jobs Act quale pilatro della fede renziana. Con Elly Schlein ha vinto una mozione che pone nella tutela del lavoro e dei lavoratori in punto cardine e sì, il partito oggi si sta dando una linea programmatica che è contraria a quella che aveva sostenuto quasi dieci anni fa con il Jobs Act. Elly Schlein non ne ha mai fatto mistero. Non metto in dubbio le buone intenzioni di chi aveva sostenuto quel provvedimento (che per me fu la gocca che fece traboccare il vaso e mi allontanò dal Partito Democratico per sette anni, insieme allo stile di ledership renziano) ma su una cosa dobbiamo essere molto chiari e pragmatici: il Jobs Act non è un dogma di fede. Non lo è mai stato e non lo è dopo otto anni che nel campo del mercato del lavoro sono un’era geologica.

Sul provvedimento, a fronte di un piano ambizioso di ridurre il precariato e aumentare l’occupazione, si è dimostrato a più riprese una norma che ha esaurito troppo presto la sua carica propulsiva, trasformandosi in uno stereotipo di quella flexsecurity richiesta da imprese e lavoratori. Prendiamo un punto su tutti, il contratto a tutele crescenti introdotto dalla norma. La decontribuzione fiscale introdotta con la legge di stabilità del 2015 per la stabilizzazione dei contratti aiutò solo inizialmente questa pratica (ed è sicuro, documentato pur se maggiormente osservato nelle PMI, vi rimando a questo complesso articolo di T.Boeri e P.Garibaldi), tornando però molto presto a una nuova crescita dei contratti temporanei. L’aumento dell’occupazione infatti ci fu inizialmente e fino al 2018 ma dai dati ISTAT del periodo in esame deve essere attribuito all’espansione dei contratti a tempo determinato e del lavoro part-time, che sono aumentati rispettivamente dal 13,2% al 15,2% e dal 18,3% al 19,2% tra il 2014 e il 2018.

Ho preso solo questo esempio, corredato da dati, per dimostrarne da un lato l’efficacia a breve termine, dall’altro i limiti. Ma di limiti ne furono sottolinati parecchi, quali l’aumento dei contratti precari su lungo termine (vedi sopra) e la mazzata finale alle tutele sui licenziamenti ingiusti espressi nel famoso art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Uggetti oggi ha parlato da imprenditore. Mi piacerebbe che qualcuno parlasse dei dipendenti e mi aspetto che un partito riformista dia voce anche a questi, alle loro incertezze, ai loro sogni, alle loro aspettative.

Perché dal 2015, dicevo, è passata un’era geologica. Jig Economy, pandemia, crisi della supply chain, intelligenza artificale, competitività internazionale e inflazione hanno sparigliato le carte in maniera caotica e non a favore della working class. La domanda che mi faccio e che faccio ai miei compagni di partito è la seguente:

Vale la pena lavorare per superare il Jobs Act, con i suoi pregi e i suoi evidenti limiti e sposando la nuova linea di partito o vogliamo agitare questa bandierina come un dogma di fede ancora per molto tempo?

E’ il momento di pensare a strumenti nuovi e più adatti al tipo di economia che evolve. La politica non si può permettere di muoversi a una velocità così ridotta rispetto all’economia che cambia, non si può permettere di voler a tutti i costi adattare strumenti vecchi al nuovo lavoro.

Pensiamoci. Passiamo alla seconda questione che mi ha profondamente turbato e da Simone Uggetti spostiamo la telecamera su Alessia Morani, ex-deputata del PD.


Superare il decreto Minniti, possibilmente da persone umane

Dal Corriere della Sera del 22 Luglio 2023.

“(Marco Minniti è stato) l’unico ad avere avuto una strategia politica sui migranti”

Alessia Morani (ex-deputata PD, Cesena 21-7-2023)

Certo, Minniti ha avuto una politica sui migranti. Il decreto Minniti-Orlando del 2017 fu un vero capolavoro di responsabilità sociale e umanitaria, non c’è che dire (sono sarcastico e molto). Di fatto riuscì nell’intento di inasprire le pene per i migranti irregolari, riuscendo al contempo ad esasperarne la situazione sul fronte dei diritti umani.

Il provvedimento fu oggetto di controversie e critiche da parte di associazioni (tra cui ACLI e ARCI, è bene ricordarlo), alcuni settori politici e organizzazioni umanitarie, che lo hanno ritenuto troppo rigido e restrittivo nei confronti dei migranti.

Ricordiamo anche di Minniti il famoso Memorandum Italia-Libia del 2017 un capolavoro che ricorda i recenti sviluppi e negoziati di Giorgia Meloni con il dittatore tunisino Kais Saied. Riuscimmo a fornire aiuti economici e di mezzi alla Guardia Costiera Libica, spesso collusa con i trafficanti di migranti e impegnata sul fronte della Seconda Guerra Civile Libica.

Concludendo sempre con alcune domande:

Certamente il decreto Orlando-Minniti fu un provvedimento efficace in termini di risultati netti sull’immigrazione ma a quale prezzo finale per le vite in gioco? Moralmente, quelle di Minniti sono state azioni e proposte accettabili per il Partito Democratico e chi vogliamo rappresentare?

Vogliamo davvero sostenere e perpetrare la “politica dello struzzo”, oppure lavorare alla riforma di Dublino, ampliare il modello dell’accoglienza diffusa e l’abolizione della legge “Bossi-Fini” sull’immigrazione che è una vergogna italiana da 21 anni?


Cari amici e compagni riuniti a Cesena, di tutte le cose che avete detto in quella sede, queste sono quelle che più mi sono risultate indigeste. Anche se un paio di passaggi maldestri su diritti civili e ambiente avrebbero meritato approfondimenti adeguati. In generale spero si possa parlarne senza paletti o veti, affrontando anche la realtà di un partito che su questi due temi ha cambiato rotta, spronato dal suo elettorato.

Come disse un mio caro mentore anni fa, vogliamo prendere la tavola da surf e cavalcare l’onda, oppure metterci di traverso ed esserne travolti?

Il congresso locale che si apre sarà un’ottima occasione di confronto su questo e molti altri temi. Approfittiamone.