“Non siamo razzisti ma…”, “Ho tanti amici gay…”, ma anche “Quel bambino non sembra normale…” rivolto a bambini che magari hanno solo un tic o “Se non mangia è colpa sua…” rivolto a chi ha disturbi alimentari – frasi come queste, purtroppo comuni, mascherano pregiudizi profondi sotto, a volte, una sottile parvenza di tolleranza. Iniziano conversazioni che, invece di promuovere l’inclusione, alimentano distanze e stereotipi. Superare queste odiose pratiche richiede un impegno collettivo e individuale, un cambiamento che inizia dal nostro interno. Non a caso ne parlo oggi 2 aprile, Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo; ho sentito troppo spesso, anche verso persone troppo vicine a me, giudizi sommari e diagnosi pezzotte basate sul mero pregiuzio.
La chiave per combattere questi atteggiamenti è l’educazione: insegnare e imparare l’empatia, la comprensione e l’accettazione dell’altro nella sua interezza e diversità. È essenziale incoraggiare anche i nostri figli in merito alla curiosità verso il diverso, non come minaccia ma come opportunità di arricchimento personale. Le scuole, le famiglie, i media ma anche la politica e la sensibilità di chi amministra, giocano un ruolo cruciale in questo processo educativo, modellando menti aperte, capaci di apprezzare la ricchezza della diversità umana.
Altrettanto importante è l’autoanalisi: riconoscere e mettere in discussione i nostri stessi pregiudizi, porre fine a quella comoda cecità che ci permette di ignorare le implicazioni delle nostre parole e azioni. È un percorso difficile ma necessario.
In parallelo, bisogna imparare a non restare in silenzio. Quando frasi come quelle menzionate vengono pronunciate, è importante non lasciarle passare inosservate. Intervenire per far notare come tali affermazioni siano non solo offensive, ma anche pericolosamente limitanti, è un passo verso il cambiamento. Questa non è un’invocazione al confronto costante, ma piuttosto un invito a non lasciare che il pregiudizio, sotto qualsiasi forma, si normalizzi nella nostra vita e nella nostra comunità.
Infine, è fondamentale promuovere storie e voci di coloro che sono direttamente colpiti da questi stereotipi. Ascoltare le loro esperienze, apprendere dalle loro sfide e trionfi, può trasformare la percezione da una di distanza a una di identificazione e comprensione.
Superare l’affollamento di luoghi comuni e le odiose pratiche di discriminazione è un viaggio lungo e complesso, ma è anche un’opportunità per crescere come società. Richiede impegno e un’incessante volontà di ascolto e di cambiamento.
Infine, un consiglio di lettura: Francesca Vecchioni – Pregiudizi inconsapevoli (Mondadori). Perché è un libro che mi ha fatto riflettere molto e perché leggere, come sempre, vale mille volte una qualsiasi frase di circostanza.